È appena alle spalle la bella mostra tenutasi nella Sala delle Esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno a San Marco. Dedicata al “nudo” maschile e femminile, presentata in catalogo da Gabriella Gentilini, Giuseppe Figna, Giovanni Cipriani, col saluto introduttivo-istituzionale di Cristina Acidini. Cogliamo subito l’essenziale delle note critiche dei presentatori.

Per la Gentilini “la bellezza e la perfezione, il senso di armonia e di musicalità che il Maestro sa imprimere alle sue composizioni, rimandano ad una moderna classicità che si nutre non del mito ma delle azioni comuni… La ricerca di un dinamismo esuberante esalta la subime delicatezza e insieme la forza incisiva del finissimo tratto al carboncino…”. Per Figna “il rigore del disegno, la pulitezza del segno conferiscono grande eleganza all’opera di semplicità classica di questo Maestro…”. Per Cipriani “il corpo nudo parla con i suoi tratti essenziali, comunicando con estrema immediatezza. Ogni abito copre, maschera, distrae, allontana dal carattere più intimo e pregnante presente in ciascuno di noi e questo artista, conscio dei significati più riposti, svela la verità effettuale delle cose”. Questa mostra – come ben ricorda Cristina Acidini nella sua nota – rafforza il messaggio del “primato del disegno” che caratterizza Firenze e la sua Accademia.

La verità è che l’opera e il valore testimoniale di Antonio Ciccone nell’attuale scenario della produzione artistica italiana e internazionale va ben oltre queste opere di grafica esposte a San Marco. Infatti, bisogna andare alla recente ed estesa monografia sull’Artista, curata da Stefano De Rosa, che ne ripercorre puntualmente la biografia artistica e umana con passione e chiarezza. Merito di questa monografia è quello di aver tolto il perimetro culturale di Ciccone da un cliché che lo aveva troppo rigidamente imprigionato in quella cerchia annigoniana, cerchia di grande nobiltà ma che, pur involontariamente, ha sempre lasciato poco spazio agli allievi, come già accadde a Luciano Guarnieri. Il viaggio negli Stati Uniti e l’incontro con la sua Linda, sono stati il fulmine che ha acceso i fuochi della sua poetica. Se prima, infatti, il “vero” era già la sua cifra espressiva, già matura anche nella tecnica – dal carboncino all’affresco -, è dopo la conoscenza diretta degli artisti negli USA e, principalmente, nella New York di quella stagione (era il tempio delle avanguardie) che Ciccone fa la sua scelta definitiva, che conferma la sua vocazione verso quel “realismo lirico” che non è certo freddo accademismo (come vorrebbe qualche ingeneroso e invidioso detrattore), e nello stesso tempo lontano dal “realismo ideologizzato” che ha ispirato non poche opere di Guttuso o del più vicino Farulli. Negli anni ’60, Ciccone dà dimostrazione di uno spettro espressivo assai ampio, persino informale (si veda Inverno nel Long Island o Forme nello spazio), accede ad aperture espressionistiche (come nel suo Autoritratto del 1966) o, ancora, a sperimentazioni vicine a Viani (Linda Listening, 1966) o alla ritrattistica di Schiele e di Cesetti (Gerald Brown, 1967; Cecy Maxim, 1968). Ma tutto ciò non è sbandamento o incertezza ma, semmai, dimostrazione della grande capacità di un eclettismo colto che immediatamente abbandonerà per tornare al suo realismo lirico e intimista, vera e propria chiave di lettura dei tanti personaggi ritratti per il mondo: ritratti e figure che tornano a consegnarsi a quella “ritrattistica metastorica” e universale, propria dei maestri di tutti i tempi, da Andrea del Sarto ad Antonello da Messina, da Dürer a Sustermans.

Del resto, il ritratto è uno dei nobili “generi artistici” e Antonio Ciccone ne è un testimone nella nostra contemporaneità. Con quella sua penetrante cifra interpretativa, ben oltre il dato somatico e fisiognomico, è l’intenzionalità psicologica che diviene protagonista; recentemente accompagnata da una collocazione dinamica che rende il ritratto ancor più personale. Insomma c’è da esser grati a questo Artista, autentico testimone di quel disegno che, per dirla col Baldinucci è “l’apparente dimostrazione con linee di quelle cose, che prima l’uomo coll’animo si aveva concepite, e nell’idea immaginate; al che s’avvezza la mano con lunga pratica, ad effetto di far con quello esse cose apparire”.

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Antonio Ciccone
Beyond “Body conscious”

The beautiful exhibition held in the Exhibit Hall of the Academy of Arts of Drawing Arts in San Marco has just ended. Dedicated to the male and female “nude,” presented in the catalog by Gabriella Gentilini, Giuseppe Figna, Giovanni Cipriani, with the introductory-institutional greeting by Cristina Acidini. We seized the opportunity to resume the notes of critics and presenters.

For Gentilini “the beauty and perfection, the sense of harmony and musicality which the Maestro knows how to integrate into his compositions recalls a modern classicism which feeds itself not by myth but from collective actions… The search for an exuberant dynamism exalts the sublime delicacy together with the incisive strength of the finest stretch to the charcoal…”. For Figna “the rigor of the drawing, the perfection of the sign gives great elegance to the work of classical simplicity of this Master…”. For Cipriani “the naked body speaks with its essential features, communicating with utmost immediacy. Every dress covers, masks, distracts and leads us away from the most intimate and rewarding character present in each of us, and this artist, aware of the most significant meanings, reveals the real truth of things”.

This exhibit – as Cristina Acidini reminds in her note – reinforces the message of the “superiority of drawing” which characterizes Florence and its Academy. The truth is that the work of art and testimonial value of Antonio Ciccone in the current scenario of the Italian and international artistic production goes beyond these graphic works exhibited at San Marco. In fact, we need to go to the recent and extensive monograph on the Artist, curated by Stefano De Rosa, which retraces his artistic and human biography with passion and clarity. This monograph made possible the removal of Ciccone’s cultural perimeter from a cliché that has rigidly imprisoned him in that “annigonian” circle, a circle of great nobility but which, purely involuntarily, has always left little space for students, as it was the case of Luciano Guarnieri. The trip to the United States and the encounter with his Linda were the lightning that lit the fires of his poetry. If before, the “true” was already his expressive figure, already mature through his technique – from charcoal to fresco – it is after meeting the artists in the USA, mainly in the New York of those times (it was the time of avant-garde) that Ciccone makes his final choice, which confirms his vocation towards that “lyric realism” that is certainly not cold academic (as some ingenious and envious detractor would have wanted), and at the same time far away from the “idealized realism” that inspired more than a few of Guttuso’s works, or closer to our times, Farulli’s.

In the 60s, Ciccone demonstrates a broad, expressive spectrum (see Winter in Long Island or Shapes in outer space), reaches expressionistic openings (like in his Self-portrait in 1966) or, furthermore, experiments close to Viani’s work (Linda Listening, 1966) or the portraiture of Schiele and Cesetti (Gerald Brown, 1967; Cecy Maxim, 1968). But all this does not represent abandonment or insecurity, but, perhaps, a demonstration of the vast capacity of a cultivated eclecticism that he will soon abandon to return to his lyric and intimate realism, real key of interpretation of so many characters portrayed for the world: portraits and figures that return to the universal and “meta-historical portraiture”, which is typical for Masters of all times, from Andrea del Sarto to Antonello da Messina, from Dürer to Sustermans. Moreover, the portrait is one of the noble “artistic genres” and Antonio Ciccone is a witness of it in our contemporaneity. With its penetrating interpretative figure, far beyond the physical and physiognomic data, the psychological intent becomes the protagonist; recently accompanied by a dynamic location that makes the portrait even more personal. In short, we have to be grateful to this Artist, an authentic witness to the drawing that, to say it as Baldinucci, is “the apparent demonstration with the lines of those things that before the man had conceived with his spirit and, in the idea, imagined; to which is added the hand of great experience that makes these things appear”.

Per l’acquisto del libro, scrivere a tianaciccone@gmail.com