La Marzocco Un esempio di imprenditoria all’Italiana che tutto il mondo ci invidia

A Taste edizione 2017 la Marzocco ha fatto un ingresso da protagonista nel mondo fiorentino, dove era stata fondata nel 1927 da Giuseppe Bambi col fratello Bruno. Si era sviluppata da allora come ditta costruttrice delle più prestigiose macchine da caffè professionali, belle, di alta qualità, concepite e disegnate con ingegno, fabbricate con cura ed estrema attenzione per il dettaglio.
Si è espansa negli anni in più di 100 paesi, aprendo filiali in USA, UK, Spagna, Italia, Australia/Nuova Zelanda, Corea e ultimamente è entrata in Cina, ma è cento volte più famosa all’estero che in Italia.
L’erede della ditta, il figlio di Giuseppe Piero,( oggi 83 anni ben portati), essendo senza prole, dal 1988 comincia a pensare al futuro dell’azienda. Fiero di un’eredità così eccezionale, vuole che continui a produrre e dar lavoro. Venderla ad un concorrente significherebbe cambiare la filosofia dell’azienda. Si rivolge allora al suo amico e partner americano di Seattle, Kent Bakke, importatore esclusivo di macchine per caffè handmade-in-Florence negli Stati Uniti (fornisce,fra gli altri, la catena Starbucks). Sei anni dopo ecco formalizzata una partnership che vede la proprietà suddividersi tra la famiglia Bambi e un gruppo di investitori americani, appassionati di caffè, con un esperienza diversificata (del settore e non) guidati da Kent Bakke. Che non ha voluto comprare la ditta al 100% perché per lui era condizione fondamentale avere Piero Bambi “a bordo” come partner commerciale, sostenitore tecnico e punto di riferimento per il design delle macchine. Anche Piero aveva fissato le sue condizioni per il passaggio societario: che si mantenesse il nome “La Marzocco”, che la sede rimanesse nell’area di Firenze e che tutti i lavoratori occupati in quel periodo continuassero a lavorare presso lo stabilimento italiano. Ma dal 2009 un gruppo di investitori italiani, che allora erano – e tuttora sono – i manager de La Marzocco con sede a Firenze, hanno acquisito gradualmente le quote della holding La Marzocco International, con sede a Seattle, entrando a far parte dell’azionariato. Oggi questo gruppo detiene la maggioranza relativa. Un comportamento imprenditoriale di esempio anche per altri settori del business italiano, che mostra come si può far vivere e prosperare un’industria italiana di eccellenza, senza delocalizzarla.
Partecipare alla festa dei 90 anni ci ha permesso di immergerci nell’atmosfera che pervade oggi La Marzocco. Un anniversario importante di una storia di tradizione ed evoluzione, fatto a mano e digitalizzazione, attività varie svolte sul territorio con lo sguardo sempre rivolto al futuro e al mondo. La festa si è svolta il 10 maggio a Scarperia, 40 km da Firenze, dove La Marzocco opera dal 2009, da quando l’enorme successo ottenuto la decise ad ampliarsi in Mugello per avere maggiore operatività. Un edificio articolato, con spazi dedicati alle riunioni e alle pause pranzo, un bar, un intero piano di laboratori, nei quali si fanno: prototipi nuovi, difficili saldature acciaio su acciaio, riparazioni e quant’altro. Le persone invitate per i festeggiamenti erano talmente numerose che è stata eretta una grande tenda nel giardino per offrire a tutti i convenuti, operai, ingegneri, giornalisti, addetti stampa e Pr, visitatori, un pranzo allietato dalla bistecca alla fiorentina, affidata ad uno dei più illustri cuochi del settore, che ha il ristorante a pochi chilometri di distanza. L’atmosfera è di amicizia, cooperazione e fierezza di far parte di un team così prestigioso
Piero Bambi è conteso fra gli invitati, che lo vogliono tutti al loro tavolo. Quando si siede al nostro racconta che, anche ora che è in pensione, non passa giorno che non faccia il giro della fabbrica, un giro di controllo e, insieme, di aggiornamento, visto che la progettazione ha sempre un ruolo importante.
Troneggia sotto la tenda una gigantografia della prima macchina per caffè da bar, messa a punto da Giuseppe, agli inizi dell’attività.
La sua presenza dice dell’importanza che Piero Bambi attribuisce alle origini familiari di quello che è oggi un colosso dal fatturato aggregato (tutte le società del mondo) di 120 milioni di euro.
La strategia di crescita attuale punta a posizionarsi meglio sul mercato italiano, dove le vendite rappresentano solo l’1% del totale. E a sviluppare la cultura del caffè in tutti i suoi aspetti, per mezzo della messa a punto della prima Accademia, che aprirà fra pochi mesi (primi 2018). Una struttura da 1.500 mq a Fiesole, dove era la storica sede dell’azienda fino al 2009 (in via Bolognese 68, a Pian di San Bartolo). All’interno ci sarà un’area per torrefazione e degustazione, il training per aspiranti imprenditori del caffè, un’area museale con sculture, un laboratorio e spazi per altre attività di studio. “L’Accademia vuole essere un incubatore di esperienze all’interno del mondo del caffè, dal seme alla distribuzione – spiega l’ad Guido Bernardinelli – e dovrebbe servire a futuri imprenditori di tutto il mondo che vogliano investire, in città che ne siano ancora sprovviste, per crearvi un’azienda di macchine per caffè o della torrefazione”.
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