Prerogativa dei grandi testi della letteratura universale, con il loro magistrale selciato drammaturgico, è favorire accesso a interpretazioni anche molto diverse, essere amati e goduti in modo talvolta contraddittorio. In Salomè, stante la perfetta descrizione del potere della passione, del cinismo della seduzionedellimmutabilità della morale, tutte le volte che la rileggiamo, vi scorgiamo aspetti nuovi, sfumature inaspettate, visioni inedite come un rammarico di un’estasi incompiuta e sfuggevole che ci riempie e ci lascia assetati. La maestria di Oscar Wilde è quella di far coesistere i personaggi con l’assenza del loro amore, in una sorta di gioco di specchi dentro un’attesa messianica dai tratti funesti, un’attesa che svuota la storia della sua stessa necessità, ed i personaggi della loro stessa memoria. Essi ci appaiono quasi senza epifania, dirottati soltanto dalla forza dei loro desideri. E qui il racconto nella nostra interpretazione si fa intimo, o quantomeno più interiore. 
Il personaggio si rivolge allo spettatore, come in cerca di un conforto, nell’intento di voler giustificare il suo destino, attraverso il racconto segreto della sua vicenda personale. La storia, invece di essere narrata, appare confessata dai protagonisti, in una memoria del sé che crea un piano parallelo fra tempo del ricordo e tempo della narrazione, creando le premesse per estendere il perimetro interpretativo ed aprire spiragli in cui cucire elementi di contemporaneità, addivenendo ad una vicenda teatrale in cui il sapore mitologico viene rivissuto nell’oggi, con curiosità e stupore.
Al di là della vicenda biblica e del suo significato religioso, Oscar Wilde prende spunto dal racconto della Salomè per dipingere in maniera magistrale il dramma umano dell’amore, l’amore nella sua impossibilità dell’essere che non può essere altro che vissuto nella sua pienezza nell’assenza dell’oggetto amato, preludio della morte. Con questa premessa Filippo Frittelli e la sua compagnia teatrale hanno cercato di umanizzare ancor di più la splendida prosa dello scrittore inglese dando vita ad una messa in scena festosa, ardita e contraddittoria per un lungo canto alle passioni umane e alle conseguenze delle proprie azioni.
 
 
Filippo Frittelli 
Regista e attore fiorentino, indipendente, da oltre 15 anni si occupa di teatro contemporaneo. Basa la sua ricerca sul corpo come intelletto primario, sulla potenzialità del gesto e sul lavoro di composizione del gruppo come richiamo a istinti e rituali perduti. I suoi lavori sono stati rappresentati in rassegne e festival nazionali ed internazionali. 
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