Dal 28 novembre 2022 al 6 gennaio 2023, nella Sala Beatrice e nella Corte di Cosimo I di Palazzo Portinari Salviati, in Via del Corso, n. 6, a Firenze, l’artista fiorentina Grazia Danti, espone 10 opere incentrate sulla donna, sull’essenza e l’universo femminile. Le origini di Palazzo Portinari Salviati risalgono a Folco Portinari, il padre di Beatrice, musa di Dante Alighieri e in questi spazi monumentali la memoria di Dante e Beatrice si intreccia al potere delle grandi famiglie fiorentine.

La mostra, dal titolo “Femminile plurale”, visitabile con ingresso gratuito, s’innesta quindi in uno scrigno d’arte e d’architettura che è al tempo stesso luogo simbolico della grande storia di Firenze, nel suo cuore antico, a due passi dal Duomo.

Grazia Danti nasce a Firenze, da una famiglia che vanta una lunga tradizione artistica, discendente di Giulio Danti, architetto, scultore e orafo (Perugia 1500 – 1575), figlio di Pier Vincenzo Rainaldi, che aveva mutato il proprio cognome in omaggio a Dante Alighieri, e del figlio Vincenzo Danti, architetto, scultore, sia in bronzo che in marmo, e pittore (Perugia 1530-1576), che molto lavorò a Firenze e tra le cui opere più significative figurano la Decollazione del Battista nel Battistero di Firenze e l’Onore vince l’Inganno al Museo del Bargello di Firenze. Moltissime le esposizioni dell’artista in Italia, Francia, Stati Uniti, Messico; tra esse nel 2010 è al Gran Palais de Paris (Francia), nel 2017 ha partecipato alla Clio Art Fair di New York (USA) e alla 3° Edition du Salon De Printemps d’aulnay, a Parigi (Francia), nel dicembre 2018 espone a Miami (USA), nel 2019 le sue opere sono al World Art Dubai, negli Emirati Arabi, e poi Firenze, Venezia, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Principato di Monaco.

Grazia Danti compie un percorso personale e artistico inedito, lavora tuttora nella moda e inizia a dipingere in età adulta, ispirata da una sensibilità notevole e un’innata versatilità che è ben rappresentata nelle opere selezionate per Palazzo Portinari Salviati. Tra esse spiccano volti e forme di donne, un femminile eterogeneo, ispirato da ricordi, vicende personali, suggestioni di luoghi, affetti, letture, riflessioni. Donne forti, libere, poetiche, seducenti, combattive, misteriose, dai tratti esotici, sono protagoniste indiscusse delletele di piccolo e grande formato, realizzate con la tecnica dell’olio su telae tela cruda.

Nella mostra “Femminile plurale” attraggono subito l’attenzione “Addio a Pearl Harbour” e “Dolce tepore” esposte nella Corte di Cosimo I e successivamente lo sguardo si posa su donne provenienti da luoghi lontani, dalla profondità dei paesaggi dell’Africa, dalla penisola arabica e dall’Asia, come in “Aspettando”, “Pensiero”, “Preghiera”, o “Donna iraniana”. Il trittico allestito nella Sala Beatrice, “Il sogno”, “Follia” e “Estasi” sembra formare un’unica opera, un’installazione appositamente ideata. Nei lavori eseguiti su tela cruda, come “Satisfaction”, Grazia Danti esegue pennellate stratificate e dopo aver distribuito il colore, lo toglie per poi aggiungerlo nuovamente, lo graffia, lo gratta, lo scalfisce, lo incide e aspetta che la pittura si secchi per intervenire ancora su di essa. Attraverso la ricchezza e l’eterogeneità dei valori cromatici, l’artista delinea forme sinuose, a tratti generose, a tratti spigolose, decise, perfino minacciose, come nell’emblematica “Donna iraniana”, dove è ritratta una “guerriera” dalle caratteristiche e personalità talmente forti da sembrare perfino un uomo, quasi un inno a tutte le donne a lottare per conquistare la propria libertà e indipendenza. La serie dedicata al femminile costituisceun vero e proprio viaggio dell’artista, un percorso che ci invita a compiere con lei e nel quale confluiscono la memoria mitografica, arcaica, storica, autobiografica, “interiore”, come ama definirla lei stessa e, al contempo, l’attenzione al contemporaneo, alle vicende sociali, all’attualità talvolta fin troppo amara. Una pittura che, soprattutto nei soggetti femminili ritratti, protagonisti dell’esposizione, si configura come una meditata riflessione e introspezione.

La mostra assume la valenza di un personale big bang emotivo e artistico insieme, in grado di suggerire come dal nero più cupo possa scaturire la rinascita, attraverso il colore e le forme che assume, mostrando così, al contempo, il percorso di maturazione di Grazia, come donna, come madre e come artista, tra similitudini e antitesi, fino all’autentica conoscenza del sé. Grazia Danti ha curato personalmente la presentazione delle opere e la loro relazione con lo spazio circostante, così come i rapporti delle opere e dello spazio con la luce delle Sale espositive, al fine di costruire effetti perfino teatrali ed è, infatti, una ricca scenografia, plasmata da tante emozioni, quella che si svela allo sguardo dell’osservatore.

INFORMAZIONI STORICHE SU PALAZZO PORTINARI SALVIATI 

Il restauro di Palazzo Portinari Salviati ha permesso che tornasse a vivere, aperta al pubblico, la Corte di Cosimo I, la Corte degli Imperatori e la Cappella Salviati, dedicata a Maria Maddalena. Spazi di rara suggestione ed eleganza che conservano i preziosi cicli di affreschi dedicati all’Odissea e alle storie di Ercole, realizzati da Alessandro Allori e aiuti tra il 1574 e il 1576. Al piano nobile, con gli originali soffitti affrescati o a cassettoni, sono ancora visibili i decori quattrocenteschi con l’arma Portinari, una porta tra due leoni rampanti. Il palazzo così come lo conosciamo è stato costruito nella seconda metà del ‘400 dagli eredi di Folco Portinari, padre di Beatrice, unificando il complesso di case dove la musa di Dante aveva vissuto la sua infanzia e la giovinezza. Ecco perché la memoria dell’edificio riporta al celebre incontro tra il Sommo Poeta e Beatrice narrato da Dante ne La Vita Nova. Saranno i fratelli Pigello, Acerrito e Tommaso Portinari, grazie alle fortune costruite con i banchi medicei di Venezia, Milano e Bruges (incarichi affidategli anche da Lorenzo il Magnifico) che porteranno a compimento il palazzo negli ultimi decenni del Quattrocento. Con il declino economico della famiglia, nel 1538 l’intera proprietà passerà allo Spedale di Santa Maria Nuova. Nel 1546 Jacopo Salviati – imparentato con Cosimo I de’ Medici per via del padre Alamanno – acquisterà il palazzo e un gruppo di case attigue che saranno inglobate in un grande progetto di ampliamento. Il palazzo – lo confermano testimonianze del tempo – era sontuoso sia per l’architettura sia per l’eccellenza dei cicli pittorici e la rarità delle collezioni, che raccoglievano i protagonisti della scena artistica del ‘400 e del ‘500: Donatello, Verrocchio, Cellini, Bronzino. Oggi restano gli splendidi ambienti affrescati dall’Allori, la Corte degli Imperatori, le stanze attigue e la cappella dedicata a Maria Maddalena. Nel 1768 sarà il duca Anton Maria Salviati a vendere il palazzo al cavalier Niccolò Serguidi per 18 mila scudi. Nei secoli seguenti il complesso passa di mano più volte. Durante il periodo di Firenze capitale ospita il Ministero di Grazia e Giustizia e nel 1921 diviene sede della direzione generale della Banca Toscana.

 

La mostra sarà visitabile dal 28 dicembre 2022 al 6 gennaio 2023 

Palazzo Portinari Salviati 

Via del Corso, n. 6, Firenze

Ingresso libero.

www.graziadanti.com