I profughi afgani nel mondo sono intorno ai 2.5 milioni, come registrato da UNHCR. L’Occidente, come il resto del mondo, deve offrire un aiuto a questo popolo spaventato, trascurato dal suo governo e distante da ogni possibile ideale di libertà. L’Italia ha salvato intorno ai cinquemila afgani, la maggior parte dei quali, collaborando con associazioni Occidentali negli ultimi anni, corre un grande pericolo sotto il controllo dei Talebani.

L’Istituto degli Innocenti, nonché uno degli istituti pubblici italiani più antichi, apre le sue porte a madri e bambini scappati dall’Afghanistan, i quali sono riusciti ad approdare in Italia, con paura e speranza di trovare la stabilità che nel proprio paese è ormai dissolta. La presidente dell’Istituto, Maria Grazia Giuffrida, ha informato il prefetto di Firenze riguardo a tale decisione. Da secoli tale Istituto promuove e protegge i diritti dell’infanzia e quelli umani, rendendo la risposta alla crisi afgana un dovere.

Nella lettera al prefetto di Firenze Alessandra Guidi, Maria Grazia Giuffrida afferma che “Abbiamo appreso in questi giorni la notizia che la Regione Toscana sta accogliendo profughi provenienti dall’Afghanistan che saranno dislocati in centri di accoglienza individuati dalla Prefettura. Con la presente sono pertanto a manifestare la disponibilità dell’Ente a contribuire ad accogliere presso la Casa Rondini fino a quattro nuclei di madri e bambini. L’intento dell’Istituto è quello di contribuire allo sforzo di solidarietà che la comunità toscana sta conducendo nei confronti della popolazione afgana”.

Poi continua, “I terribili fatti a cui stiamo assistendo ormai da qualche settimana in Afghanistan non possono lasciarci indifferenti. Dal 5 febbraio 1445, giorno in cui venne accolta la piccola Agata Smeralda, l’Istituto opera ininterrottamente in favore dei bambini, delle madri e delle famiglie. Un impegno che si rinnova ogni giorno. Aprire le porte alle persone che stanno vivendo sulla pelle le conseguenze di una tragedia e provare a lenire le loro ferite più nascoste significa per noi adempiere a un compito che, pur col passare dei secoli, appare sempre attuale”.

Malgrado la grande distanza e un’immedesimazione impossibile, il dolore afgano è condiviso dal mondo intero. Tutto ciò che è possibile fare per aiutare dal nostro continente così lontano dalle realtà del posto, come espresso da Maria Grazia Giuffrida, va fatto quam celerrime. Nonostante i profughi afgani siano arrivati in Europa in massa, ogni storia rimane personale, ogni storia ha le sue tonalità e le proprie caratteristiche, che costituiscono gli elementi essenziali per mantenere vivo l’aspetto umano di questa crisi. Dario Nardella, sindaco di Firenze, condivise la storia di Kaihil, scappato dall’Afghanistan, su un post Facebook, “non sono migranti economici, non avevano alcuna intenzione di lasciare Herat e, un giorno quando sarà possibile, vogliono tornarci”. Non è solo un processo di accoglienza, ma uno di inserimento nella società italiana, che possa dare un’idea di speranza per un’integrazione nel lungo termine, dovuta a questo popolo in grande difficoltà.

ENGLISH

The welcoming of Afghan refugees in Tuscany

Afghan refugees in the world are around 2.5 million as registered by UNHCR. The West, like the rest of the world, must provide aid to this frightened population, neglected by their government and distant from any ideal of freedom. Italy saved around five thousand Afghans, most of which were running a much greater risk under the rule of the Taliban as they collaborated with Western organisations for the last few years.

The Institute of Innocenti, one of the oldest Italian public institutions, opens its doors to mothers and children who escaped Afghanistan and who managed to land in Italy with the fear and hope of finding some sort of stability, that which is now dissolved in their own country. The president of the Institute, Maria Grazia Giuffrida, informed the Prefect of Florence of this decision. The Institute has promoted and protected children and human rights for centuries, rendering their response to the Afghan crisis a duty.

In the letter to the Prefect of Florence Alessandra Guidi, Maria Grazia Giuffrida declares that “In the past few days, we have learnt the news that the region of Tuscany is welcoming refugees from Afghanistan, who will be relocated in reception centres identified by the Prefecture. I therefore hereby express the willingness of the Institution to help accommodate up to four families of mothers and children in the Rondini House. The intent of the Institute is to contribute to the effort of solidarity that the Tuscan community is conducting towards the Afghan population”.

Then, she continues, “The terrible events which we have been witnessing for a few weeks now in Afghanistan cannot leave us indifferent. From the 5th of February 1445, the day on which little Agata Smeralda was welcomed, the Institute has been working uninterruptedly in favour of children, mothers, and families. This is a commitment that has been renewed every day. Opening doors to people who are experiencing the consequences of a tragedy personally and trying to soothe their most hidden wounds constitutes for us a duty to fulfil a task which, even as centuries go on, always remains present”.

Despite the great distance and an impossible identification, the pain of the Afghan people is shared worldwide. All that is possible to do from our continent, so far from the realities of the place, as expressed by Maria Grazia Giuffrida, must be done quam celerrime. Even though Afghan refugees have arrived in Europe in droves, each story remains personal, each story has its own tones and characteristics which constitute an essential element to maintain the human aspect of this crisis. Dario Nardella, Mayor of Florence, shared the story of Kaihil, who escaped Afghanistan, in a Facebook post, “they are not economic migrants, they had no intention to leave Herat, and, one day, when it will be possible, they desire to go back”. Not only is this a process of welcoming, yet also one of amalgamation into Italian society which allows giving an idea of hope, of a long-term integration owed to this population in great difficulty.